VITERBO – “Oggi anche il cielo piange con noi facchini e con la città. Nello è e sarà sempre gigante”: queste le parole di Massimo Mecarini, presidente del Sodalizio, il primo a raggiungere il pulpito a cerimonia conclusa per salutare Nello Celestini, il presidentissimo, il capo facchino più amato e rispettato nella storia del Trasporto della Macchina di Santa Rosa.
Davanti al quadro che la raffigura, a pochi metri dal corpo della patrona e sotto l’occhio discreto delle clarisse, Viterbo ha dato il suo saluto all’uomo più rappresentativo del 3 settembre. Poco prima era stato portato a spalla dalla casa di Rosa fino alla chiesa, e dietro a lui il capofacchino Rossi, il presidente Mecarini, Angelo Loddo, rappresentante ufficiale per i minifacchini del Pilastro, i due Lucarini per la minimacchina del Centro storico, il presidente Meroi e tanti cittadini, tra cui i costruttori dell’ultima Macchina, Cesarini e Fiorillo. Sul sagrato gli architetti Cesarini e Raffaele Ascenzi, ex facchino e soprattutto ideatore della prossima Macchina, Gloria, che Nello non ha fatto in tempo a vedere, se non nel bozzetto e almeno su questa terra.
La messa nella basilica è stata celebrata dal vescovo Lino Fumagalli, insieme a don Angelo e don Alfredo, il cappellano dei facchini; una cerimonia intensa, raccolta, che ha messo al centro la figura di Nello, coperto dal vessillo del Sodalzio, con i “suoi” cavalieri a fare da picchetto, poco dietro l’altro picchetto, quello dei vigili del fuoco, presenti in veste ufficiale con bandiera, come per la Provincia, rappresentata ufficialmente dal presidente Meroi e dal Gonfalone esposto dalla Polizia provinciale. Assente quello del Comune, che ha così scelto di non ufficializzare la propria presenza, negandola paradossalmente a tutti i viterbesi che magari per motivi di lavoro non potevano essere in chiesa. Profilo basso anche per l’amministrazione, con qualche consigliere sparso in chiesa, Insogna, Ciorba, Marini, Daniela Bizzarri, nipote di Nello, l’ex assessore Arena e l’ex consigliere Gasbarri, oggi medico del Sodalizio, e poi dopo le 10.30, sindaco, vice e qualche assessore giunti molto dopo l’ingresso del feretro in chiesa, con il primo cittadino Michelini che si è accomodato nelle prime file, al fianco di Meroi, provando a celare tensione ed imbarazzo stampati in faccia, e senza fascia tricolore.
L’omelia del vescovo è stata ancora una volta un richiamo al senso religioso della festa e dei protagonisti, ricordando l’esperienza terrena che prepara al mondo di luce che rende liberi e soprattutto il grande amore per la patrona: “Parlare di Nello vuol dire parlare di Rosa, come di Viterbo. Nello, Rosa e Viterbo sono ormai uniti, e lo sono ancora di più dal 3 settembre 1986, quando solo la voce e la forza del Capofacchino raddrizzò una Macchina destinata a cadere sul sagrato del santuario. I facchini stessi mi dissero che fu la sua voce a dare forza e sicurezza. Questa è la sua eredità, la grande devozione, la forza e soprattutto il gesto di fede che viene ripetuto ogni anno, il Trasporto, che non è una cosa folkloristica ma un gesto di fede e devozione. Mi auguro che Nello abbia già trovato Santa Rosa in cielo e con lei sia già al cospetto del Signore”.
Al termine della cerimonia, come già detto, l’intervento del presidente Mecarini, che oltre a definirlo un gigante aggiunge: “Dobbiamo ringraziarlo per tutto quello che ha fatto. Prima di tutto per aver creato il Sodalizio, anche se ultimamente qualcuno non sta tenendo conto del nostro ruolo, e questo lo dico perché sono certo che lo avrebbe urlato anche Nello. Poi per quell’86, come ricordato dal vescovo, quando solo con il suo incoraggiamento riprendemmo la Macchina posizionandola davanti la basilica e trovando la forza per rialzarla e girarla in posizione. E ancora per la visita di Giovanni Paolo II, scaturita da un suo invito al pontefice. Per questo chiedo con forza all’amministrazione qui presente che gli venga intitolata una via o una piazza, e non una cosa marginale, qualcosa di grande che ricordi il ‘Presidentissimo’ a noi e alle generazioni future. Qui tutti ‘siamo stati fatti facchini’ con lui ed è stato un onore essere stato guidato da Nello, anche dopo, quando eri tu a chiamarmi presidente, a me che non ero degno di allacciarti le scarpe! Guidaci sempre e tieni una mano sopra la nostra testa, facci sentire la tua voce”.
Parole che hanno fatto scattare il classico saluto, lanciato dal capofacchino Rossi: “Evviva Nello, evviva” e poi “Evviva Santa Rosa, evviva”, con il supporto vocale dei tantissimi facchini presenti in chiesa.
Per figli Lorenzo, Laura e Maria sono intervenute due nipoti, un dolcissimo saluto al “nonno testardo, che veniva fermato, rispettato e omaggiato da tutti, così bello e forte, che ha barcollato solo quando ha perso nonna. Non ti dimenticheremo, voi non dimenticatelo mai”.
Due appelli quindi, alla città, per ricordare la sua figura, appelli che purtroppo sono, almeno oggi caduti nel vuoto. Nell’intervento del sindaco, che rinuncia all’ufficialità del tricolore ma non al pulpito, nessuna presa di posizione, solo il ricordo della figura di Nello, senza avere il coraggio di cogliere al volo l’appello della "sua" famiglia, sia dei Celestini che del Sodalizio. Sarebbe bastato poco, una conferma che l’idea della piazza sarebbe stata colta al volo e portata in Consiglio, un gesto che avrebbe magari rasserenato gli animi, ma che purtroppo non c’è stato. Peccato.
Teresa Pierini